L'igiene nel Medioevo (2024)

Indice

  • La pulizia del corpo
  • Una rivoluzione culturale
  • L’igiene pubblica
  • Bibliografia

Prima di cominciare occorre fare un paio di precisazioni: l’igiene nel Medioevo, nell’Antichità e anche nell’età moderna è uno degli argomenti più bistrattati, principalmente perché se ne occupano poche persone, per lo più disinformate e disinformanti, e spesso con un preciso intento. Fa molto più comodo schifare il passato senza averlo mai conosciuto e indagato è molto più comodo e divertente piuttosto che studiare. D’altra parte Hollywood e la cultura comune ci hanno abituato ad immaginare il Medioevo come un periodo in cui tutti giravano con il viso coperto di fango e fuliggine, vestiti di un marrone sbiadito e coperti di pulci, quindi tutto questo non ha fatto che accentuare il nostro pregiudizio.

In secondo luogo bisogna tener conto del fatto che l’acqua corrente, che è il nostro massimo aiuto nell’igiene, non arriverà nelle case fino al tardissimo XIX secolo. Questo ovviamente ne ha limitato per lungo tempo la disponibilità, costringendo a farne un uso molto più accorto del nostro.

L’uomo moderno è poi chiuso fra due mitologie che gli rendono difficile districarsi nei problemi che la realtà gli pone. Da una parte quello del progresso inarrestabile, per cui ogni cosa è sempre migliore della precedente solo perché è venuta dopo. Dall’altra quello dell’età dell’oro, per cui i tempi più antichi sono stati sempre migliori. Così è facile che il medioevo finisca preso in mezzo a queste due visioni estremamente ideologiche e che si pensi che tutte le usanze civili dei romani siano state cancellate dalle invasioni barbariche per poi riapparire in tempi più vicini a noi. In realtà ci volle uno shock ben più potente perché si tornasse indietro, come vedremo più oltre.

La pulizia del corpo

Per quanto ci possa suonare strano, il medioevo è stato un periodo per nulla disastroso per l’igiene, soprattutto per quanto riguarda quello personale. Un testo del XIV secolo, “La contenance de fames“, ci ricorda che la buona dama deve fare spesso il bagno, altrimenti risulterebbe odiosa.

L’iconografia medievale, in ogni caso, non fa mancare raffigurazioni di questa pratica, che si tratti del bagno del figliol prodigo o di un allegra scena di bagni pubblici. La letteratura, da Chretien de Troyes al Roman de la Rose, non manca di descriverne gli effetti terapeutici e la piacevolezza. L’igiene, nel medioevo, era tutt’altro che trascurato e lavarsi era visto come un divertimento, tanto che pagare una giornata ai bagni poteva diventare un dono o una mancia. Non si trattava tuttavia di una pratica di lusso, come invece era il bagno privato; mentre questo richiedeva un buon numero di servi per essere preparato, e soprattutto per trasportare l’acqua, i bagni pubblici avevano una gran quantità di varianti, adatte alle tasche di ciascuno. A Parigi nel XIII secolo si trovavano ben 26 bagni pubblici di diverse dimensioni e raffinatezza e lo stesso si può dire in proporzione di ogni città.

L'igiene nel Medioevo (1)

Una rivoluzione culturale

Da dove ci viene allora quest’immagine del medioevo come noncurante nei confronti della pulizia e dell’igiene personale? Stranamente, per una volta, questo mito ha un fondamento storico, solo che esso non si trova dove ce lo aspetteremmo. Non è infatti il medioevo ad esserne responsabile, bensì l’età moderna. Montaigne nei suoi Essais ci dice che i bagni, prima molto frequenti, alla sua epoca sono ormai perduti. Pare evidente che fosse avvenuta una piccola rivoluzione, come ci dimostra anche la sparizione e distruzione di tutte le strutture di bagni pubblici in quest’epoca e in quella immediatamente successiva. Anche le vasche da bagno private spariscono dagli inventari; se poi si vanno a consultare gli editti, si scopre che i bagni pubblici vengono proibiti per legge, forse anche per la loro promiscuità e per le donne a pagamento che ne frequentano alcuni.

La peste ha portato in Europa un’ondata di ipocondria incontrollabile. Con la grande epidemia del XIV secolo si segna una frattura con tutto ciò che c’era prima e iniziano oltre due secoli di ripetute pestilenze che sconvolgono l’immaginario collettivo. L’isteria che ci conferma la Storia della colonna infame di Alessandro Manzoni non ne è che una delle ultime declinazioni. Le norme igieniche cambiano e si inizia a temere l’acqua e a demonizzarla. Si inizia a pensare che i bagni portino squilibrio fra le componenti del corpo (ancora immaginate secondo Ippocrate), che l’essere troppo umidi sia dannoso e che lavarsi apra i pori rendendo molto più facile ai miasmi che portano la malattia infiltrarsi e quindi uccidere o debilitare. Si passa ad un nuovo sistema di pulizia che sfrutta delle salviette asciutte che vengono sfregate contro il corpo, mentre ciò che resta del cattivo odore viene coperto da profumi. Il candore del viso, sinonimo di pulizia, viene spesso raggiunto tramite cosmetici più che lavaggio. Resta la necessità di lavarsi di tanto in tanto, ma quell’occasione è vista come il massimo pericolo per la salute di un uomo e viene dunque limitata. L’epoca del bagno è finita.

L’igiene pubblica

Un’altra concezione errata del medioevo riguarda la pulizia delle strade e della città. Nell’immaginario comune la città medievale è sporca, piena di rifiuti per le strade e dotata di fogne a cielo aperto in cui vengono riversate acque nere e acque bianche indiscriminatamente. Il fatto strano è che poi, frequentando una qualsiasi città o un qualsiasi borgo medievale, anche quando questo è rimasto sostanzialmente immutato, non si trova alcuna traccia di queste fogne a cielo aperto. Quello che si trova sono delle fogne romane e dei canali di scolo per le acque piovane. Viene d’altra parte da chiedersi come fosse possibile passare per le strade se fossero state così ricolme di ogni tipo di rifiuti. La verità è ovviamente molto più semplice e ragionevole: nel medioevo avevano un modo semplicissimo per mantenere la pulizia delle strade e allo stesso tempo buttar via la loro spazzatura e le loro deiezioni, il butto.

L'igiene nel Medioevo (2)

Si tratta di un profondo buco, assimilabile ai pozzi neri di oggi, in cui veniva gettato ogni sorta di rifiuto. Il butto era situato in una stanza non collegata al resto della casa ma a cui si accedeva dall’esterno ed era dotato di un coperchio per limitare gli effluvi. Oltre a ciò, per disinfettarlo, vi veniva versata la cenere di modo da innalzarne il pH e di tanto in tanto calce viva. Quest’ultima è una sostanza, ossido di sodio, che se esposta all’acqua si idrata con un processo esotermico grazie a cui può arrivare fino ad una temperatura di 300°, un metodo semplice ed efficace di sterilizzazione. Il butto è rimasto in funzione praticamente fino all’età Vittoriana e alla riforma igienista, segno che non era poi così poco efficace.

Bibliografia

Lo sporco e il pulito, Georges Vigarello
Storia della colonna infame, Alessandro Manzoni
La città e i rifiuti, Ercole Sori
Ivano, Chretien de Troyes
La contenance de fames, Anonimo
Essais, Michel de Montaigne

Samuele Baracani

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Samuele Baracani: nato nel 1991, biellese, ma non abbastanza, pendolare cronico, cresciuto nelle peggiori scuole che mi hanno avviato alla letteratura e, di lì, allo scrivere, che è uno dei miei modi preferiti per perdere tempo e farlo perdere a chi mi legge. Mi diletto nella prosa e nella poesia sull'esempio degli autori che più amo, da Tasso a David Foster Wallace. Su ispirazione chauceriana ho raccolto un paio di raccontini di bassa lega in un libro che ho intitolato Novelle Pendolari e, non contento, ho deciso di ripetere lo scempio con Fuga dai fa*ggi Silenziosi.

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